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DIVENTARE CITTADINI

Il «pubblico assassinio»:
la pena di morte ieri e oggi

                                                                 ART. 27

       Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità

 [ [e devono tendere alla rieducazione del condannato.

La Costituzione italiana dichiara inammissibile la pena di morte, sancendo un principio di civiltà che
rappresenta il frutto di un lunghissimo dibattito sul concetto di “giustizia”, anche se non è condiviso
da tutti gli Stati del mondo.

La pena di morte, cioè l’uccisione di un individuo decisa e attuata da un’autorità statale, è stata             Cesare Beccaria (1738-1794).
presente nella maggioranza degli ordinamenti penali non solo dell’età antica, ma anche di quella
moderna. Soltanto nel Settecento, nel contesto culturale e filosofico dell’Illuminismo, i suoi fonda-
menti etici e giuridici furono per la prima volta sottoposti a una critica radicale. «Parmi un assurdo
che le leggi che detestano […] e puniscono l’omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per
allontanare i cittadini dall’assassinio, ordinino un pubblico assassinio» sostenne Cesare Beccaria
nel suo Dei delitti e delle pene, pubblicato a Livorno nel 1764.

  Secondo la teoria del contratto sociale formulata dal pensiero giuridico illuminista – di cui Bec-
caria fu uno dei principali rappresentanti in Italia – la società si fonda su un “contratto”, cioè un
accordo tra coloro che governano e coloro che sono governati. Chi aderisce al contratto, entrando
nella società civile, sceglie di rinunciare a parte della propria libertà e di sottoporsi a leggi comuni
a tutti, in cambio della sicurezza e del mantenimento di un ordine sociale. Il delitto è un attacco a
quest’ordine sociale e al patto su cui si fonda, e come tale va punito. Secondo Beccaria, però, la pena
non può essere la morte, sia perché lo Stato non può macchiarsi dello stesso reato che vuole puni-
re, sia perché il contratto sociale non prevede la rinuncia alla vita, da parte di chi l’ha stipulato, in
favore di un’autorità superiore. Da Beccaria in poi, la pena di morte è stata criticata da molti filosofi
e giuristi, che l’hanno reputata contraria ai diritti inviolabili dell’uomo.

L’attualità del pensiero di Beccaria                                                                            PER FISSARE I CONCETTI
I sistemi penali, tuttavia, hanno a lungo continuato a prevedere la pena capitale tra i metodi di repres-
sione del crimine. Il primo Stato al mondo a cancellarla dal proprio codice penale fu uno Stato della           • P erché, secondo Beccaria,
penisola italiana, il Granducato di Toscana, nel 1786. Dopo l’Unità d’Italia (1861), la pena di morte fu          la pena di morte
abolita nel 1889 dal codice Zanardelli. Ristabilita sotto il fascismo, fu di nuovo eliminata dal codice pe-       è inaccettabile?
nale con la nascita della Repubblica, quando venne sostituita con l’ergastolo (il carcere a vita). Dal 1994
non è più in vigore nemmeno per i casi previsti dalle leggi marziali (cioè vigenti in tempo di guerra).         • Quale fu il primo Stato
                                                                                                                  a cancellare la pena di morte
  Ciononostante, ancora oggi numerosi Stati prevedono la pena capitale, e fra questi figurano gli                 dal proprio codice penale?
Stati Uniti, la Cina e l’India. In certi casi, inoltre, la pena di morte è applicata per punire reati che
ai nostri occhi non appaiono gravi o che, per i nostri costumi e le nostre leggi, non sono affatto              • In quali importanti Stati
reati: vi sono infatti Nazioni in cui la pena capitale non punisce solo l’omicidio o l’alto tradimento            è attualmente in vigore
nei confronti dell’autorità statale, ma anche il traffico di droga, la professione di una fede religiosa          la pena di morte?
diversa da quella ufficiale, l’adesione a un partito politico, l’omosessualità o l’adulterio.

  Indipendentemente dalla gravità dei reati che intende punire, in ogni caso, nella lotta per la moratoria
della pena di morte (vale a dire per la sua sospensione a tempo indeterminato), se non per la sua com-
pleta abolizione, filosofi e giuristi si richiamano ancora in gran parte alle tesi di Beccaria: da un lato, la
pena capitale non è un valido deterrente contro i delitti (punire con la morte un criminale, infatti, non
dissuade altri criminali dal compiere azioni simili); dall’altro, tale pena è giuridicamente illegittima
(anche in caso di colpe particolarmente gravi uno Stato non può togliere a nessuno il diritto alla vita).

234 | UNITÀ 5 L’ETÀ CLASSICA
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