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Giuliana Pinto
             ASCOLTARE L’INFANZIA
                                                                                Università di Firenze






            Facciamo finta




            che...








                    acciamo finta che… è un’espressione che edu-  in tempo. Per meglio riconoscerlo, e sgombrare il campo da
                    catori e genitori sentono spesso pronunciare dai   qualche eccessiva preoccupazione, sarà utile ricordare che
                    bambini al nido, ai giardini, a casa. Generalmente   il gioco simbolico può fare la sua comparsa sotto diverse
            F il gioco di finzione prende inizio in un qualunque   etichette linguistiche e in molte, diverse forme. Lo si può
             momento fra gli 11 e i 18 mesi, nei bambini senza difficoltà   infatti chiamare gioco di finzione, gioco di immaginazione,
             nello sviluppo, raggiunge un picco di intensità intorno ai 4   gioco di fantasia, gioco creativo. Ed esistono molti modi per
             anni, età in cui la messa in scena di un gioco può durare   giocare simbolicamente: giocare a mamma e babbo, a fa-
             giorni e giorni, occupando gran parte del tempo libero del   re le compere, a essere super-eroi, manovrare il trattore e
             bambino, per poi declinare, trasformandosi in altri tipi di   l’autogru nella sabbia, ma anche scarabocchiare con il pen-
             gioco, alle soglie dell’adolescenza. La capacità di giocare   narello, fare torte d’erba e polpette di sabbia, volare come
             con la fantasia è una tappa importante nello sviluppo co-  gli uccelli e ruggire come il leone, raccontare una storia…
             gnitivo e sociale: testimonia il raggiungimento del pensiero
             rappresentativo e favorisce l’attuazione e il consolidamento   Le capacità in gioco
             delle abilità sociali basate sulla capacità di rappresentarsi   Mettere in scena un gioco di finzione è una attività cogni-
             “l’altro”, di tener conto di lui nello svolgersi di una immagi-  tiva che presuppone tre diverse capacità di pensiero: sta-
             naria trama teatrale.                            bilire che gli oggetti siano qualcosa di diverso da ciò che
             Il grande valore di questa conquista fa sì che a volte negli   sono (una scatola, per esempio, diventerà una barchetta).
             adulti si insinui una certa apprensione, quando sembra che   Attribuire agli oggetti proprietà che non hanno: per esempio
             l’atteso traguardo, il gioco simbolico, non venga raggiunto   credere che l’orsetto abbia la pelliccia bianca, che il tappe-
                                                              to possa volare, che la macchinina sia rossa e veloce. Fare
                                                              riferimento a oggetti invisibili trattandoli come se fossero
                                                              esistenti, per esempio scappando davanti a un cane imma-
                                                              ginario, brandendo una spada che non c’è.
                                                              Nel gioco simbolico il bambino tratta l’oggetto o i partner
                                                              come se fossero realmente ciò egli ha deciso che siano, e il
                                                              confine tra reale e immaginario può essere varcato in molti
                                                              modi. Il più comune è dotare di vita propria oggetti inani-
                                                              mati: per esempio, se il bambino ha imboccato la bambola
                                                              per poi metterla a dormire coprendola con una sciarpa, la
                                                              bambola è per lui davvero viva, addormentata, piangente e
                                                              bisognosa di coccole quando si sveglierà. Ma potremo an-
                                                              che vederlo assumere per sé ruoli diversi: “Facciamo che io
                                                              ero…”, mostrando di conoscere i comportamenti peculiari
                                                              di chi interpreta e sapendoli porre in atto.



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